giovedì 30 ottobre 2008

impara l'arte e... mettila da parte

Puntualizziamo e chiudiamo la polemica

Sembra che non sei molto gradito da quelle parti gisan. ti stanno forse scaricando? Hanno sicuramente da perdere.
Antonio C.

La prendo come una battuta la tua, Antonio, perché non sono sicuramente scaricabile in quanto non sono mai stato in carica a nessuno. Se qualche volta ho chiesto degli spazi per potermi esprimere, dopo il primo no non ho più insistito anche se era nel mio diritto non volendo peccare di presunzione. Se si chiude una porta se ne aprono tante altre, quindi non mi preoccupa essere ignorato da alcune persone. Quello che mi dà più fastidio è che quella stessa gente, conosce me e la mia mail quando deve promuovere e caldeggiare le proprie manifestazioni. Ovvero due pesi e due misure.
Gisan51

Ho voluto riprendere qui sul blog dedicato a Emilio Notte il post dell'amico Pino Santoro perchè trovo che le incomprensioni verso l'arte accomunano il suo caso a quello che pare interessare il tema della rievocazione di Emilio Notte nel centenario del futurismo. Naturalmente il mio potrebbe essere un ragionamento smentito da fatti che non conosco.

Immagine: Depliant programma estivo 2003 a cura dell'assessore alla cultura Paolo Urso (amm. Annese)

mercoledì 29 ottobre 2008

Crocifisssione


Il ricordo di Emilio Notte intrecciato con un evento doloroso dell’autore.
L'ultimo anno
di Francesco De Simone, Guida Editori, 2005

Adesso che il peggio è passato ti godrai per qualche giorno la casa, poi andremo in clinica per le ultime cure necessarie alla totale guarigione.
Cercavo, così, ingannandoti, di darti coraggio e, nel contempo, di anticiparti il trasferimento - che sa­rebbe avvenuto dopo qualche giorno - in clinica.
Non rispondesti.
Dopo le persone, incominciasti a guardare le cose: i mobili, gli oggetti d'argento posti nella antica vetrina, la Natività, i quadri. Dagli occhi sgorgarono lacrime, che con riservatezza soffocasti, guardando il Cristo "vietnamita" e la pietà di Emilio Notte.
Un bambino senza vita, le braccia scheletriche, penzolanti dalle spalle, come una cordicella, una camiciola bianca il volto privo di espressione, senza occhi, è appoggiato come un fagotto sulle gambe della madre. La donna, il viso grigio emaciato, con amorevole abbandono guarda il cadaverino steso sulla schiena, con occhi che piansero ma che sono asciutti, come se mai avessero pianto. Lei vive e guarda stupita il suo bambino che non vive. E’ una scena molto triste, un quadro che ha sempre destato contrastanti sentimenti: il confine tra la vita della madre e la morte del figlio è opaco, confuso. C'è più morte nella vita o più vita nella morte? Si vive per morire o si muore per incominciare a vivere? Guardavi con fissità il quadro.
Non so se pensavi alla linea sfumata tra quanto ancora ti restava della vita e la morte o se pensavi al fondamento del tema che l’autore ci aveva descritto.
Conoscemmo Emilio Notte negli anni '70, per puro caso. Un vecchio biblico, agli sgoccioli della vita ma ancora con grande vitalità: occhi celesti spiritati,una lunga barba bianca da patriarca, abiti dimessi,anticonformista, il mezzo sigaro sempre tra le labbra. Si creò subito una istintiva attrazione.
I discorsi sulle scuole, sullo studio, sulla ricerca e sull'impianto del quadro, sul gioco dei volumi riferiti all’arte – che secondo me è proiezione del sentimento e non complesso di regole e tecniche - li ho sempre contestati: fatti da lui, sembrava sminuissero il valere dei suoi dipinti e ne attutissero l'emozione. Le riunioni, alle quali partecipavano poche altre persone, divennero per me suggestive quando le conversazioni si spo­starono sul senso e sull'impegno delle proprie azioni. Si determinò tra noi una piacevole dialettica tra la sua tesi illuministica, che della filosofia della vita af­fermava l'esclusivo predominio della ragione e la mia che riteneva conciliabile l'ambito razionale con quello ideale e sperimentale. Anche se l'ho sempre privilegiata, non ho mai concepito la ragione ege­monica e totalizzante l'intero universo, dovendo essa ineludibilmente conciliarsi con altre testimonianze di vita. Lui era di avviso contrario.
Ricordo, ora, gli episodi più salienti della sua vita confidati in quei pomeriggi che ci videro nel suo stu­dio: il duello a spada fatto nel primo novecento; le polemiche successive alla sottoscrizione del Manife­sto del Futurismo; l'amicizia con Boccioni, Balla, Severini; l'approdo al cubismo. Non ci parlò mai della terribile fine della moglie, tragedia che lo portò alla pittura detta Crocifissione, delle pietà, delle Mater­nità, opere il cui tema fondante è il dolore. Lo stesso dolore che lo colpì come uomo e come artista, dolore che trova la sua origine nello strazio dell'umanità che soffre: chi più di un Cristo, spezzettato sulla croce, o di una madre, con volto smagrito e corpo di­sarmonico, possono testimoniare l'umana fragilità e la sofferenza che uccidono l'anima ancor prima del corpo?
Ecco, solo ora mi rendo conto che quel pomerig­gio che tornasti a casa nel fissare il Cristo e la madre, col figlio morto sulle gambe, forse pensavi che la sofferenza e la disperazione ancor prima che nel corpo ti avevano causato già la morte interna. Perciò, forse, i tuoi occhi si velarono di lacrime …
L’immagine è la “Crocifissione”, una delle opere donate nel 1976 da Emilio Notte alla sua città natale, Ceglie Messapica, ed è esposta nella galleria d'arte moderna che porta il suo nome.

mercoledì 22 ottobre 2008

un filologo per Emilio Notte e il futurismo

Antonio Lucio Giannone, professore ordinario di Letteratura italiana contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Lecce. Si è occupato prevalentemente della poesia italiana contemporanea, del futurismo, di aspetti e figure della cultura letteraria meridionale dell’Ottocento e del Novecento e dell’opera di Vittorio Bodini, del quale ha curato il Corriere spagnolo (1946-1954) (1989) e Barocco del Sud (2003). Ha pubblicato, fra l’altro, i seguenti volumi: Bodini prima della “Luna” (1982), Tradizione e innovazione nella poesia italiana del Novecento (1983), La “permanenza” della poesia (1989), Futurismo e dintorni (1993), Scrittori del Reame (1999), L’avventura futurista (2002), Le scritture del testo. Salentini e non (2004).


Progetti di Ricerca:
- Reperimento, studio e pubblicazione degli scritti e dei carteggi di Vittorio Bodini;
- Aspetti e momenti del rapporto tra letteratura e giornalismo nel Novecento;
- L’attività letteraria di Michele Saponaro;
- Poesia e prosa del futurismo italiano.


Pubblicazioni recenti, il 2002:
1. L’avventura futurista. Pugliesi all’avanguardia (1909-1943), Fasano, Schena, 2002, pp. 128 (Collana “Ori di Puglia”, diretta da G. Cassieri, 13).
2. Comi e Onofri, in Girolamo Comi. Atti del Convegno internazionale (Lecce-Tricase-Lucugnano, 18-2O ottobre 2001), a cura di P. Guida, Lecce, Milella, 2002, pp. 251-270.
3. Profilo di Rocco Scotellaro, in “Critica letteraria”, a. XXX, fasc. IV, n.117/2002, Miscellanea di studi critici in memoria di Pompeo Giannantonio, II, pp. 867-888.
4. Rec. di Annalucia Lomunno, Rosa sospirosa (Torino, Piemme, 2001), in “L’immaginazione”, a. XIX, n. 184, febbraio 2002, pp. 17-18.
5. Panorama poetico del primo ‘900: il posto di Gozzano, in “Il foglio”, Castrovillari, a. 8, n. 2, giugno 2002, pp. 16-17.
6. Emilio Notte, Firenze e il futurismo in Puglia, in “Ceglie Plurale”, a. II, n. 13, novembre 2002, p. 1.
7. Oggi a Ceglie Messapica una giornata di studi dedicata al pittore pugliese formatosi con Marinetti / Emilio Notte, maestro dell’altro Futurismo, in “Nuovo Quotidiano di Puglia”, 30 novembre 2002.

lunedì 13 ottobre 2008

futurismo in mostra

Menzogna storica o ripristino della verità? I fatti, innanzitutto. Mercoledì 15, presso il Centre Georges Pompidou di Parigi, si inaugurerà una grande mostra, Le futurisme à Paris. Une avant-garde explosive, che, nei prossimi mesi, approderà a Roma (alle Scuderie del Quirinale, dal 20 febbraio) e a Londra (alla Tate Modern, dal 12 giugno). Una rassegna che documenta, con puntualità filologica e con qualche audacia interpretativa, la stagione d' oro del movimento marinettiano. In particolare, ci si sofferma su un episodio cruciale: l' esposizione delle opere di Boccioni e dei suoi amici nella galleria parigina Bernheim-Jeune (nel febbraio del 1912). Partendo da qui, si indagano le ragioni sottese al dialogo - spesso conflittuale - intercorso tra il fronte futurista e quello cubista, per esaminare, soprattutto, echi e rifrazioni: le impronte lasciate dai quadri e dalle sculture degli artisti italiani sulle maggiori poetiche europee. Dietro questi fatti si nascondono intenti di ordine politico e culturale. Ci troviamo dinanzi a una ricostruzione dal forte valore simbolico, che rivela attriti, rivalità, scontri. Un' appropriazione indebita? O addirittura uno scippo? Insomma, perché Parigi ha deciso di celebrare per prima la nascita del più straordinario movimento d' avanguardia? La questione è delicata. Siamo di fronte a un omaggio che dimostra il desiderio della Francia di appropriarsi di una meravigliosa, mobile e plurale esperienza creativa, imprescindibile punto di riferimento per tutti gli sconfinamenti linguistici della seconda metà del secolo scorso: dall' informale alla pop art, dall' happening a fluxus, alla videoarte. Solo un imbroglio critico? No. La mostra del Centre Pompidou mette in scena menzogne, ma anche verità. In fondo, assistiamo a una sorta di ritorno a casa del futurismo, il cui battesimo avvenne proprio a Parigi, dove, sulla prima pagina de «Le Figaro» (del 20 febbraio 1909), apparve il manifesto di fondazione, firmato dal líder máximo Marinetti. Parigi è un po' il destino necessario, per tutti i protagonisti delle sperimentazioni della prima parte del XX secolo. È, come ha scritto Giovanni Macchia, la «Gerusalemme di un mondo laico, (...) enorme organismo in movimento, bello perché è vivo, animato nel suo divenire da una vita sotterranea». Marinetti e i suoi compagni di strada si recano in questa Babele della contemporaneità alla ricerca della consacrazione, innamorati di un Paese come la Francia, dotato - a differenza dell' Italia - di un' autentica tradizione della modernità. Parigi è la mèta. Ed è anche il luogo da cui muovere per avviare una campagna di colonizzazione dell' Occidente, con una strategia che oggi potremmo definire global. Questo allargamento geografico, tuttavia, è costantemente percorso da un intenso richiamo alle radici: ma la dimensione locale del gruppo non viene scandagliata dall'antologica del Pompidou. Perché, nel futurismo, sembra rivivere lo slancio impossibile del volo di Icaro: il suo sogno, la sua delusione. Da un lato, il bisogno di porsi in sintonia con il paesaggio internazionale delle arti; dall'altro lato, la necessità di ricollegarsi ai valori italiani. Essere senza frontiere, ma con moderazione. Coraggio e prudenza al tempo stesso. «Gran corteggiatore della follia, disdegnante le regole sintattiche, (...) il futurismo anelava pateticamente a qualcosa che tenesse a freno la propria vocazione catastrofica», ha ricordato Giorgio Manganelli. L'imponente mostra di Parigi, dunque, ha il merito di ripristinare la veridicità di alcuni eventi, ma non investiga adeguatamente su certi passaggi significativi. Sono stringenti ambiguità che si ritrovano pure sul piano metodologico. Il curatore, Didier Ottinger, ha posto al centro del racconto espositivo il viaggio oltralpe delle truppe degli avanguardisti italiani. Una forzatura tipicamente francese. Una scelta che sembra riproporre una visione - piuttosto datata - di tipo «boccionicentrico», tesa ad analizzare soprattutto le corrispondenze e le contrapposizioni tra i dinamismi futuristi e le scomposizioni cubiste. È un modo per attenuare l' originalità dirompente dell' avventura marinettiana. Ma è anche per ridimensionare l' importanza del secondo futurismo: una fase - dal 1916 al 1944 - talvolta segnata da esiti di maniera, eppure profetica nell' ambito di territori come il design, l' architettura e la moda. C' è anche altro, infine. Ottinger è ricorso a un artificio storiografico attraversato da evidenti obiettivi ideologici. Si cancella del tutto, infatti, la «parentesi istituzionale» del futurismo post-bellico, caratterizzata dal confronto - episodico e strumentale - con il Regime mussoliniano: è il momento in cui l' avanguardia si fa conservazione e le rotture si ricompongono dentro simmetrie rigide. Menzogna o verità, allora? Il dibattito è aperto. A un secolo di distanza, il futurismo - traccia di un' epoca di transito, costellazione di differenze, confluenza di dissonanze - fa ancora scandalo. L' avant-garde explosive divide, disorienta, alimenta polemiche. L' utopia di Marinetti continua a sedurre. Appassiona la sua assurda sfida agli astri. «Ritti sulla cima del mondo, noi scagliamo (...) la nostra sfida alle stelle», si legge in chiusura del manifesto del 1909. 1909-2009 Celebrazioni e studi Appuntamenti La mostra di Parigi (dal 15 ottobre al 26 gennaio, aperta tutti i giorni a eccezione del martedì, biglietto d' ingresso 12) inaugura le celebrazioni per la nascita del movimento marinettiano che, in Italia, sarà celebrato anche al Mart di Rovereto («Futurismo 100°: illuminazioni», dal 17 gennaio 2009), al Museo Correr di Venezia («Astrazioni», dal 5 giugno 2009) e a Palazzo Reale a Milano («Simultaneità», dal 15 ottobre 2009). In concomitanza con la mostra al Pompidou, Fabio Benzi pubblica una monografia, Futurismo (Federico Motta, pp. 384, 135): una visione complessiva del gruppo che non considera il Futurismo come un evento improvviso, ma come un itinerario segnato da intuizioni e cadute che si esaurisce con la morte del «padre padrone» Marinetti nel 1944. L' opera (nella foto) «Rissa in Galleria», olio su tela (particolare, 76x64 centimetri) realizzato nel 1910 da Umberto Boccioni. Il dipinto è conservato alla pinacoteca di Brera. (Trione Vincenzo)

Il 20 febbraio 1909, Filippo Tommaso Marinetti lancia, dalla prima pagina de «Le Figaro», il manifesto di fondazione del Futurismo. Un Manifesto dedicato «a tutti gli uomini vivi della terra»: é l'atto di nascita del Futurismo, primo movimento d'avanguardia del XX secolo, mobilitazione totale contro i valori politici, morali e culturali ereditati dal passato. «I più anziani fra noi hanno trent'anni. Quando avremo quarant'anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. Noi lo desideriamo!». Filosofia del divenire, celebrazione della vita come evoluzione continua, il Futurismo nasce sotto il segno del militantismo. «Primitivi di una sensibilità completamente rinnovata», i futuristi proclamano ogni distinzione fra arte e vita; le loro ricerche si animano della volontà instancabile di reinventare, attraverso l'arte, tutte le forme del vivere sociale: dalla politica alla comunicazione, dal costume alla musica, dalla sessualità alla cucina. In occasione dell'approssimarsi del centenario del Manifesto del Futurismo e dell'esposizione «Le Futurisme à Paris : une avant-garde explosive», tra ottobre 2008 e febbraio 2009 l'Istituto Italiano di Cultura organizza un ciclo di conferenze dedicate a questo prolifico movimento d'avanguardia. Sarà l'occasione per riflettere criticamente sulla ricchezza di stimoli che, per contraddizioni intrinseche, forza di destrutturazione e vastità d'ambiti d'interesse, l'avanguardia futurista ha saputo lasciare alle generazioni successive.
Il programma: clicca per visionarlo.

venerdì 10 ottobre 2008

martedì 7 ottobre 2008

Ordine del giorno per Emilio Notte

Ho ricevuto e volentieri pubblico il seguente
O. d. G. Emilio Notte:

Ordine del giorno consiglieri comunali di minoranza sulla celebrazione del Centenario del Futurismo presentato in data 06/10/08.

Premesso che il prossimo anno si celebrera il Centenario della nascita del Futurismo e che in tutta Italia, le amministrazioni pubbliche, stanno organizzando manifestazioni per celebrare questo importante evento, oltre alle numerose che hanno già organizzato prodromi della
ricorrenza;

poichè il Futurismo, proprio per la sua portata e vocazione universale, è stato l'ultimo importante movimento italiano capace di influenzare movimenti artistici in numerosi stati;

rimarcando che tale movimento ha avuto tra le sue figure più autorevoli il pittore EMILIO NOTTE, nato nella nostra Ceglie e che a dimostrazione del suo legame con la nostra città, ha inteso donare alcune delle sue opere più autorevoli, permettendo la presenza nel nostro centro storico di un notevole luogo d'arte quale la Galleria Pinacoteca"E. Notte";

Visto inoltre che tale Galleria e' priva anche delle pur minime forme pubblicitarie, quali un catalogo o un sito Internet istituzionale impedendo che tale patrimonio possa essere conosciuto in ogni luogo del mondo,

i sottoscritti consiglieri IMPEGNANO l'amministrazione comunale ad attivarsi finchè Ceglie, celebri il Centenario del Movimento Futurista con iniziative ed eventi di alto spessore culturale , tali da da mostrare la modernità e novità del pensiero Futurista e nel contempo renda
omaggio al nostro autorevole concittadino e alla sua pittura. A coinvolgere in tali iniziative il Ministero dei Beni Culturali, la Regione Puglia, la Provincia di Brindisi, gli Istituti artistici ,le
Accademie di Belle Arti e le Università pugliesi, al fine di conferire a tali iniziative una dimensione regionale/nazionale e far riconoscere la Pinacoteca "E. Notte" monumento di interesse nazionale.

Nicola Ciraci'-Angelo Palmisano-Antonio Casale-Vito Santoro-Ciro Argese-Pietro Magno-Franco Nigro

domenica 5 ottobre 2008

Accademie d'arte: tra passatismo e presentismo

Qualche considerazione di Bruno Munari sulle scuole d’arte.
“Quando si parla di ricerche sulla comunicazione visiva, gli insegnanti d’arte di casa nostra ridono sotto i baffi (alcuni se li fanno crescere apposta, sembra). Loro infatti sanno tutto sull’arte, sanno come deve essere e come non deve essere, hanno sempre saputo tutto, con la massima sicurezza, sono così dalla nascita, non c’è niente da fare. E nelle loro lezioni continuano ad insegnare l’arte del passato, un passato più o meno remoto, cercando di stare bene attaccati ad una tradizione di comodo, di non aver grane, di perdere il meno tempo possibile.
Che cosa fanno e che cosa pensano gli studenti italiani delle scuole d’arte? Sono costretti a imparare l’affresco, ma appena ne escono fuori (o meglio mentre studiano) si accorgono che la realtà fuori dalla scuola ha un altro aspetto, che c’è qualcosa di vivo che si muove nel mondo dell’arte internazionale, qualcosa che a scuola non viene considerato, e allora buttano via l’affresco e si impegnano in ricerche sull’arte cinetica, sui nuovi mezzi di comunicazione visiva, imparano, insomma, da autodidatti, a vivere nel nostro tempo poiché la nostra scuola è troppo vecchia.
A che cosa serve una scuola se non a preparare individui capaci di affrontare il mondo del prossimo futuro secondo le tecniche più avanzate? Perché non si insegnano queste tecniche (dato che l’arte non si può insegnare) invece che quelle del passato? Il passato non torna mai, non esistono rievocazioni se non per giocarci sopra, vedi il caso del Liberty, quindi una educazione basata solo sul passato non serve a niente per un operatore visuale che debba operare nel prossimo futuro. Il passato può avere solo una funzione di informazione culturale e va tenuto legato al suo tempo altrimenti non si capisce più niente”.
Quando Munari denunciava un’accademia legata allo studio del passato faceva una denuncia pienamente futurista (non dimentichiamo che in realtà Munari nasce futurista).
Oggi la situazione è in parte cambiata. Resistono sacche di roccioso passatismo accademico, ma in molte accademie sono stati inseriti insegnamenti di arti multimediali, net-art, etc. La situazione potrebbe sembrare quindi radicalmente migliore. E invece noi denunciamo un’ulteriore pericolosa deriva.
Lo studio accademico delle nuove tecniche artistiche è condotto in modo da portare l’allievo a quel virtuosismo tecnologico e a quello sperimentalismo manierista che noi già denunciammo nel nostro Manifesto del Net.Futurismo come tipiche dell'attuale categoria del presentismo. Senza considerare la collusione con il sistema dell’arte contemporanea. Insomma, l’accademia, anche quando vuole fare del nuovo, si rivela sempre per quello che è: accademia. L’incredibile potenziale delle nuove tecnologie viene così impoverito, neutralizzato, reso totalmente innocuo da una visione conservatrice dell’arte.
Contro l’emergente presentismo e contro il persistente passatismo, il Net.Futurismo agita la bandiera dell’avanguardismo critico, radicale e ribelle.
Antonio Saccoccio

Riprendo qui l'articolo perché trattando d'insegnamento mi riporta alla memoria l'esperienza di Emilio Notte il quale dedicò gran parte della sua vita alla trasmissione del suo sapere artistico che aveva praticamente l'imprinting dell'intero secolo ventesimo; amo pensare che egli fosse per l'arte dell'oggi, e che pur non avendo trascurato gli insegnamenti del passato egli non se ne sia lasciato assorbire.

mercoledì 1 ottobre 2008

C'era una volta Emilio Notte. Napoli l'ha dimenticato, Lecce no

"Ritorno da Vulcano" olio su tela 70x100 cm 1965. In esposizione nella galleria MarcianoArte

Alcuni anni fa, a Ceglie Messapica, in Puglia, si tenne un convegno di studi su Emilio Notte inserito nel quadro del Futurismo italiano. Dagli atti di quel convegno, oggi sta per essere pubblicato, in collaborazione con l'Università di Lecce, un libro davvero scientifico, cui hanno partecipato insigni studiosi di questo Movimento che fu una gloria indiscussa del nostro Novecento.

Il grande volume comprende anche illuminanti saggi di Gino Agnese, presidente della Quadriennale di Roma, Enrico Crispolti, il più autorevole esperto del Futurismo in arte, del professor Antonio Giannone dell'Università di Lecce, nonché due lunghe interviste raccolte e trascritte da Michele Ciracì, in cui Emilio Notte racconta la sua vita, e scritti inediti del Maestro risalenti agli anni dal 1915 al 1920, tuttora conservati nell'archivio di Primo Conti, dove sono raccolti i più importanti documenti del Futurismo. Fin qui nulla di strano: Notte è uno dei grandi esponenti del Futurismo, e un tale riconoscimento gli è dovuto. Il dato interessante è che sia la Puglia a manifestare attenzione sulla sua opera. Perché Notte, a Ceglie Messapica, vi nacque soltanto, e a Lecce non c'è mai stato, né come artista né come semplice turista. Egli, infatti, svolse la sua attività di do cente e artista a Milano, Firenze, Venezia, Roma e infine a Napoli. Eppure è la Puglia che lo ricorda con orgoglio, consapevole del fatto che il suo nome è una gloria per l'intera regione. Rallegra il cuore che in qualche parte dell'Italia si coltivi la memoria di personaggi illustri. Dovremmo prenderne esempio anche noi napoletani, perché Emilio Notte, a Napoli, tenne la cattedra di Pittura all'Accademia di Belle Arti per oltre quarant'anni e per un decennio ne fu anche direttore. Ma non ce lo ricordiamo più. Eppure egli è la figura chiave nel panorama artistico della nostra città.
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