martedì 24 febbraio 2009

un saggio

Da Incroci - Semestrale di letteratura ed altre scritture (numero 14 luglio-dicembre 2006):

Emilio Notte, Firenze e il futurismo in Puglia, un saggio di Antonio Lucio Giannone.
Nei primi due decenni del Novecento, la particolare declinazione fiorentina del futurismo che si sviluppò intorno alle riviste «Lacerba» e «L’Italia futurista» costituì un punto di riferimento per alcuni scrittori e artisti pugliesi, quali Emilio Notte, Luigi Fallacara e Mario Carli, che vissero e si formarono nel capoluogo toscano, ma anche per il leccese Antonio Serrano e per alcuni collaboratori di «Humanitas», come Francesco Meriano e gli avanguardisti Giovanni Titta Rosa e Giuseppe Ravegnani. In particolare, il pittore Emilio Notte (Ceglie Messapica, 1891 – Napoli, 1981) collaborò a «L’Italia futurista», pubblicando un importante manifesto, un disegno e una tavola parolibera. I rapporti tra Firenze e alcuni rappresentanti del futurismo pugliese sono esaminati nel presente articolo da Antonio Lucio Giannone, ordinario di Letteratura italiana contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Lecce. Tra le sue pubblicazioni: Scrittori del Reame. Ricognizioni meridionali tra Otto e Novecento, Lecce, Pensa, 1999; L’avventura futurista. Pugliesi all’avanguardia (1909-1943), Fasano, Schena, 2002; Le scritture del testo. Salentini e non, Lecce, Milella, 2004. Tra i volumi curati: V. Bodini, Barocco del Sud. Racconti e prose, Nardò, Besa, 2003; S. Paolo, I Fibbia, Carmiano, Calcangeli, 2005.

venerdì 20 febbraio 2009

prosit!

L'Italia è un paese "senza costume nazionale" e la politica italiana avrebbe bisogno di una "rivoluzione copernicana". Lo dice il segretario uscente del Pd Walter Veltroni in una intervista alla rivista web "Farefuturo", organo della fondazione presieduta da Gianfranco Fini. Veltroni ricorre a una citazione di Giacomo Leopardi, tratta da "Discorso sopra lo stato corrente dei costumi degli italiani", per stigmatizzare lo scarso senso civico e la litigiosità politica fine a se stessa: "In Italia la principale e la più necessaria dote di chi vuole conversare è il mostrar colle parole e coi modi ogni sorta di disprezzo verso altrui, l'offendere quanto più si possa il loro amor proprio". Commenta Veltroni: "L'analisi di Leopardi è impietosa: siamo un paese dove non si discute con pacatezza ma dove si schernisce e si insulta l'interlocutore, un paese dove non c'é convivenza civile ma un vivere insieme costretto e forzato in cui ci si divide e ci si azzuffa invece di collaborare al bene comune. Un paese senza costume nazionale. Eravamo nel 1824, siamo nel 2009. Cosa è cambiato?".